Un esperto anestesista di una importante struttura della Lombardia parla dei casi di Coronavirus gestiti

Ascolta la registrazione dell’intervista

Da un eccellente anestesista che lavora in un ospedale lombardo, il quale racconta le sue impressioni cliniche sul decorso della malattia causata da Covid-19, meglio conosciuta come Coronavirus:

“Questa settimana ho iniziato a ventilare i pazienti con COVID-19 e voglio condividere la mia esperienza (nulla di più). Magari domani dovrai farlo anche tu…

La COVID-19 è una malattia caratterizzata da una polmonite infiltrati interstiziali, che rientra a pieno nella definizione di ARDS: è una condizione acuta con ipossiemia grave e infiltrati polmonari bilaterali non attribuibile ad una disfunzione ventricolare sinistra. Ma dal punto di vista ventilatorio ha qualche peculiarità rispetto alle ARDS a cui siamo abituati.

Nei casi che ho seguito la caratteristica principale è la grave ipossiemia associata ad una compliance dell’apparato respiratorio superiore a quella che normalmente vedo nei casi di grave ARDS.

Nella mia personale esperienza, il paziente “tipo” con COVID-19, che ha una gravissima disfunzione polmonare, con un PaO2/FIO2 di circa 100 mmHg (anche meno), ed una meccanica respiratoria solo lievemente peggiore di quella dei pazienti ventilati senza ARDS, con una compliance dell’apparato respiratorio di circa 40 ml/cmH2O.

Si ha quindi spesso a che fare con un paziente gravemente ipossico ma “facile” da ventilare. La compliance quantifica quanti ml di gas entrano nei polmoni aumentando di 1 cmH2O la pressione nelle vie aeree.

Il paziente tipo con COVID-19 che ho imparato a conoscere questa settimana di solito risponde bene alla pronazione, pratica che solitamente riservo ai casi veramente gravi di ARDS: cicli di pronazione di circa 16 ore ciascuno sono quindi utili per i primi due-tre giorni.Il paziente tipo con COVID-19, non gradisce molto la ventilazione non-invasiva. Se ha un’ipossiemia grave, la ventilazione non-invasiva spesso rinvia l’inizio della terapia efficace, che è l’intubazione tracheale con la ventilazione meccanica invasiva. Se si insiste con la ventilazione non-invasiva si rischia concretamente di ritrovarsi il giorno dopo un paziente molto più grave da curare, come capita spesso con i pazienti con insufficienza respiratoria ipossiemica. Da considerare che il paziente con COVID-19, grazie alla sua buona compliance, spesso è in grado di mantenere il respiro spontaneo con poco sforzo (anche con un deleterio volume corrente elevato). Come abbiamo a visto in precedenza, più è alta la compliance, minore è la pressione necessaria per generare il volume corrente. Pertanto il paziente con COVID-19 arriva alla fatica dei muscoli respiratoria più tardi del tipico paziente con ARDS e bassa compliance: è falsamente tranquillizzante, ma può progredire subdolamente verso un peggioramente drammatico non anticipato da una grave dispnea a riposo.

In sintesi le prime impressioni sulla ventilazione meccanica nei pazienti con COVID-19:

  1. non insistere con la ventilazione non-invasiva nei casi gravi;
  2. utilizzare la PEEP che contemporaneamente minimizza la driving pressure e migliora l’ossigenazione (diversamente da altre forme di ARDS, l’ossigenazione conta…), quindi una PEEP più elevata che in altri pazienti;
  3. pronare precocemente i pazienti più gravi (cioè quasi tutti);
  4. avere pazienza, molta pazienza: nella prima settimana i pazienti possono migliorare, ma non sono certi pronti per iniziare il weaning. prima o poi arriverà anche questo momento… “

Emogasanalizzatore studio pneumologia Palermo

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